Cannabinoidi, fitocannabinoidi ed endocannabinoidi: quali sono le differenze?
Spesso in questo sito utilizziamo delle sigle per indicare le molte sostanze presenti nella cannabis.
In realtà tali sostanze appartengono a famiglie ben distinte e classificate, che sono almeno tre: cannabinoidi, fitocannabinoidi ed endocannabinoidi. Quali sono le differenze tra queste tre macro categorie e come agiscono sull’organismo? Cerchiamo di capirci di più.
La grande famiglia dei cannabinoidi e i suoi derivati
Cominciamo col dire che i cannabinoidi possono essere considerati l’insieme più grande delle sostanze chimiche note anche come terpenofenoli.
Si chiamano cannabinoidi perché sono in grado di interagire con i recettori cannabinoidi presenti nell’organismo umano e animale. All’interno dei cannabinoidi troviamo poi i fitocannabinoidi, che sono i cannabinoidi naturali generati dalle piante, e gli endocannabinoidi, che invece si generano direttamente dal corpo umano e vengono sintetizzati a livello del sistema nervoso centrale. In particolar modo la sintesi avviene nel cervello e negli organi che sorvegliano il sistema immunitario.
La scienza ha finora identificato due recettori (ma sembra ve ne siano di più): i CB1 e i CB2. I primi sono quelli che si legano al Sistema nervoso centrale, mentre i secondi sono quelli legati al sistema immunitario. Gli endocannabinoidi più conosciuti al momento hanno nomi assai complessi: si tratta della N-arachidonoiletanolamide (anandamide, AEA) e del 2-arachidonoilglicerolo (2-AG).
I fitocannabinoidi: i cannabinoidi presenti nella cannabis
Fatta questa premessa possiamo ora parlare dei fitocannabinoidi, cioè di cannabinoidi generati da piante, in particolare dalla Cannabis. Il loro numero è ancora in corso di definizione scientifica, anche se sui più conosciuti si possono dare definizioni accurate.
Questi ultimi sono tre: il CBD, o cannabidiolo; il THC, o tetraidrocannabinolo, e il CBG, o cannabigerolo.
Del CBD e del THC sappiamo già molto e qui sul nostro sito ne abbiamo parlato diffusamente (puoi leggere, a questo proposito, gli articoli nella sezione/categoria dedicata). Sul CBG c’è invece ancora un po’ da dire.
Il CBG somiglia al CBD per composizione chimica, e con esso ha in comune la caratteristica di non essere psicotropo, a differenza del THC. Per psicotropa si intende una sostanza in grado di modificare le percezioni sensoriali di un essere vivente. Tralasciando perciò il discorso su CBD e THC, ci concentriamo sul CBG.
Cannabigerolo e derivati: THCA, CBDA e CBCA
Un dato importante da sottolineare è quello relativo alla creazione di endocannabinoidi da parte del CBG, che può essere classificato come una sorta di genitore, di “cellula staminale” degli altri fitocannabinoidi. In pratica, mentre la pianta di cannabis cresce e matura, si verifica un’attività enzimatica per cui il CBGA viene trasformato in altri cannabinoidi, quali il CBDA, il CBCA e il THCA.
Questi endocannabinoidi derivati risultano importantissimi per l’applicazione terapeutica su certe patologie negli esseri umani. Tale meccanismo è stato scoperto per la prima volta quasi sessant’anni fa, nel 1964, dal medico israeliano Y. Gaoni.
Successivamente un altro medico, la dottoressa Bonni Goldstein, direttrice dei Canna Centers in California, ha scoperto come il CBG sia il responsabile dell’inibizione dell’assorbimento del GABA da parte dei recettori umani.
Cosa vuol dire questo? Che il CBG è alla base del rilassamento muscolare e psicologico, ecco perché viene spesso utilizzato anche nelle terapie contro l’ansia, allo stesso modo del CBD. Ma sono tante altre le applicazioni del CBG sulle patologie, tanto che le sue proprietà vengono attualmente studiate soprattutto in correlazione con gli effetti del CBD e del THC, al fine di determinare cure sempre più mirate contro il dolore e le infiammazioni degli organi.
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